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Molestie sui social network - Diritto digitale

Molestie sui social network: dal reato di diffamazione allo stalking

Pubblicato il 16 giugno 2025 • Aggiornato il 16 giugno 2025
Tempo di lettura: 12 minuti • Categoria: Diritto penale
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Redazione

Esperto in diritto penale e digitale

Punti chiave dell'articolo

I social network hanno inciso su tanti aspetti della nostra vita quotidiana. Purtroppo hanno anche reso molto più semplice compiere reati, come diffamazione o atti persecutori, o porre semplicemente in essere condotte moleste e fastidiose. Nel seguente articolo analizzeremo la fattispecie delle molestie via social.

Cosa succede se si inviano con insistenza messaggi a qualcuno via Instagram o via Facebook? Non è un fatto poco comune ricevere messaggi indesiderati da utenti, magari sconosciuti, sui social network.

Questa condotta, piuttosto fastidiosa, può causare una serie di ripercussioni e integrare anche dei reati. Tuttavia, la giurisprudenza ha talvolta assunto delle posizioni discordanti sul tema.

Nel seguente articolo ti spieghiamo, in primo luogo, quali sono le principali cause che hanno determinato un considerevole aumento delle molestie via social. Infatti, la poca trasparenza di queste app incentiva, molto spesso, condotte illecite.

Molestie via social: come avvengono

A molti di noi sarà capitato di ricevere commenti insistenti, in genere non graditi, da qualche utente sui social network. Soprattutto negli ultimi tempi, si è sviluppato il fenomeno dei profili fake, cioè contatti che non sono direttamente riconducibili all'identità di una persona.

Può quindi accadere di non conoscere chi sia il nostro persecutore, che ci scrive per esempio messaggi ed insulti su Instagram. Proprio per questa ragione, i gestori dei social network sono corsi ai ripari.

Già da tempo Facebook impone di inserire nome e cognome (talvolta anche il numero di cellulare) per iscriversi. Poi, se cambi spesso nome utente, ti può chiedere anche l'identificazione mediante carta di identità. Per Instagram ci sono regole più blande, anche perché ti consente di creare un numero indeterminato di account.

Tuttavia, proprio a partire dallo scorso anno, l'app consente di bloccare l'utente e ogni altro account creato dal medesimo. La regola, in realtà, è facilmente aggirabile. È infatti sufficiente inserire un'email diversa al momento dell'iscrizione su Instagram. L'algoritmo dell'app non ti riconoscerà come lo stesso utente.

Importante: Queste piccole lacune di sistema hanno favorito il proliferare di account falsi, talvolta incentivando anche reati.

Utenti fake e interventi dell'Unione europea

Proprio per tale ragione, a livello europeo si sta meditando di introdurre regole più severe per la gestione dei social network. Per esempio, con ogni probabilità, per iscriversi al social si imporrà la regola di inserire la carta di identità. Inoltre, gli account già esistenti, che non procederanno all'identificazione con documento di identità, saranno definitivamente cancellati.

Molti stanno criticando tale scelta, perché potrebbe indurre a una considerevole riduzione degli utenti delle piattaforme che, come sappiamo, oggi vengono impiegate anche per attività commerciali, imprenditoriali e pubblicitarie.

Come spiegano da Meta (società proprietaria di Facebook, Instagram e WhatsApp) in realtà gli account falsi sono un peso dal punto di vista economico per le piattaforme, non comportando alcun ritorno economico, giacché appunto può accadere che più account siano riconducibili a un unico utente fisico.

Molestie via social: cosa dice la Cassazione?

In tema di molestie via social è intervenuta anche la Cassazione, per cercare di stabilire che reato integra. Ricordiamo, infatti, che il reato di molestie in quanto tale, previsto dall'art. 660 c.p. prevede che:

La domanda che ci si è posti era se anche le molestie via social rientrino in questa fattispecie, giacché la norma punisce le molestie:

Elementi costitutivi del reato di molestie

Per stabilire se le molestie via social integrano il reato di cui all'art. 660 c.p. dobbiamo fare una breve ricapitolazione della fattispecie in esame. Ai fini della configurazione del reato di molestie è necessaria un'intrusione nell'altrui sfera personale connotata da una significativa estensione temporale.

La petulanza, richiamata dalla norma, si sostanzia in un atteggiamento di insistenza fastidiosa, arrogante invadenza, intromissione inopportuna e continua. Il biasimevole motivo, pur diverso dalla petulanza, è ugualmente riprovevole in se stesso o in relazione alla persona molestata.

È necessario, poi, che siano poste in essere plurime condotte di disturbo, quali:

Luogo pubblico o aperto al pubblico e mediante mezzo telefonico

Un luogo pubblico o aperto al pubblico è qualsiasi luogo a cui può accedere un soggetto o in qualsiasi momento – luogo pubblico – o in determinati momenti oppure limitatamente ad alcune categorie – aperto al pubblico.

Le molestie mediante mezzo telefonico sono sia quelle perpetrate mediante chiamate sia messaggi (SMS). Non è invece considerata molestia mediante mezzo telefonico l'invio di email, perché il destinatario può decidere di non accedere all'email – quindi la condotta è priva del carattere di invasività.

Molestie via social: il caso esaminato dalla giurisprudenza

Il caso esaminato dalla Cassazione di molestie via social aveva come protagonista una madre che aveva contattato i figli naturali via Facebook e Instagram, inviando messaggi anche ai genitori adottivi.

La donna era stata condannata in secondo grado per il reato di molestie e disturbo della persona, per poi proporre ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha però annullato senza rinvio la sentenza in questione, quindi ha prosciolto la donna dalle accuse.

La Cassazione ha, infatti, ritenuto che non fossero integrati gli elementi della fattispecie tipica del reato di molestia. In particolare, ha ritenuto che nel caso delle molestie tramite telefono, la condotta molesta è improvvisa e indipendente dalla volontà del destinatario.

Principio della Cassazione: Le notifiche dei messaggi in arrivo su Facebook possono essere attivate per scelta libera dal soggetto che le riceve, quindi manca il carattere di invasività tipico delle molestie telefoniche.

Le molestie via social possono integrare altri reati?

Ciò detto, dobbiamo però osservare che le molestie via social possono integrare altri reati diversi da quello dell'art. 660 c.p. Quali sono? Le condotte reiterate e i messaggi invasivi possono per esempio integrare il reato di atti persecutori (stalking).

La fattispecie in questione, infatti, è un reato di evento, quindi può essere integrato da:

Si possono, poi, valorizzare alcune caratteristiche concrete della condotta, come offese, anche pubbliche, oppure richieste sessuali, invio di foto ritraenti parti intime, ecc.

La condotta di molestie talvolta integra anche il reato di diffamazione. Per esempio, è piuttosto frequente che l'agente, per arrecare un nocumento ad altri, offenda sulla propria pagina social, o sulla pagina altrui, la persona offesa. In questo caso, la giurisprudenza ha ritenuto che sia integrata la condizione fondamentale della diffamazione, cioè l'aver comunicato l'offesa a più persone.

Domande frequenti

L'invio di messaggi via Facebook e Instagram integra sempre il reato di molestie?
No, l'invio di messaggi via Facebook e Instagram non integra il reato di cui all'art. 660 c.p., perché questo presuppone una condotta invasiva dell'agente che non può essere bloccata da parte del destinatario.
Quali altri reati possono configurarsi?
Le molestie via social possono integrare altri reati, come il reato di atti persecutori (stalking) oppure il reato di diffamazione.
Perché sono aumentate le molestie sui social?
Le condotte moleste via social sono considerevolmente aumentate a causa dello scarso controllo dei social, che consentono la creazione di account fake, cioè non immediatamente riconducibili a determinate persone.